«A te, Signore, innalzo l’anima mia, mio Dio, in te confido: che io non resti deluso!
Non trionfino su di me i miei nemici! Chiunque in te spera non resti deluso.» (Sal 24,1-3).
La supplica confidente e fiduciosa del salmista, proposta dalla liturgia come antifona d’ingresso della prima domenica di Avvento, apre il nuovo Anno liturgico e introduce la
Chiesa in un clima spirituale di memoria del Messia atteso per lunghi secoli, di contemplazione del Cristo presente nel frammento della storia e di vigile speranza del ritorno
glorioso del Risorto alla fine dei tempi.
Il Tempo dell’Avvento, che tiene insieme la fede nel “già” della prima venuta del
Salvatore e l’attesa del “non ancora” dell’ultima venuta del Signore, nell’imminenza del
Giubileo ordinario del 2025, è un’occasione propizia per riscoprire il senso vero della speranza cristiana, che «non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente
e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino» (Francesco, Spes non confundit, n. 3).
L’Avvento, infatti, è pervaso dalla consolante evidenza che Dio, il quale ricorda le sue promesse e dimentica le nostre colpe, è sempre pronto a ricominciare e a portare avanti il
suo disegno di salvezza.
Rinvigorisce la nostra speranza anche il mistero del Natale del Signore: Dio si manifesta nell’umiltà di un bimbo nato per noi. Il suo nome è «Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non
avrà fine» (Is 9,5). In un tempo lacerato da lotte e discordie, il segno della nascita di Gesù
è un germoglio di speranza per l’umanità, desiderosa di essere la terra accogliente e feconda in cui far fiorire la carità perfetta e la gioia piena, la fraternità autentica e la solidarietà operosa, la pace stabile e la vita buona.